«La vicenda giudiziaria che ho subìto ha stravolto la mia esistenza». Inizia così la lettera che l’imprenditore Francesco Lena, proprietario dell’azienda vitivinicola Abbazia Santa Anastasia, ha mandato alla commissione regionale Antimafia – chiedendo di essere ascoltato sulla gestione del suo patrimonio – e che ieri è stata ripresa dal Giornale di Sicilia in un articolo di Giuseppe Spallino.
« Nel 2011 la sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo, allora presieduta da Silvana Saguto, sequestrò tutte le mie aziende, compresa l’Abbazia. Il processo di prevenzione si è protratto per ben sette anni tra rinvii incomprensibili e proroghe concesse ai periti nominati dal Tribunale».
Come sappiamo, Lena fu poi assolto nei tre gradi giudizio con la formula più ampia e liberatoria, «per non avere commesso il fatto», con sigillo definitivo della Cassazione nel 2014, mentre condannata fu invece Silvana Saguto, nonché espulsa dalla magistratura, per diversi reati connessi alla gestione dei beni in sequestro o in confisca.
A quasi un anno dalla restituzione del patrimonio sequestrato, oggi Lena dichiara con amarezza di aver «vissuto i lunghi anni del mio calvario giudiziario con costante e sincera fiducia nelle istituzioni. Con immutata fiducia, chiedo di essere sentito non solo in merito ai processi che mi hanno interessato, ma anche per esporre alla commissione la situazione disastrosa in cui versano le mie aziende a causa delle azioni (e delle omissioni) compiute dagli amministratori giudiziari con l’avallo del tribunale (bilanci mai depositati, debiti erariali non pagati, aziende poste in liquidazione, mezzi d’opera svenduti e vigneti distrutti a titolo esemplificativo). Tali azioni hanno dissipato il frutto dei miei sacrifici e hanno reso amaro l’esito di una ingiusta vicenda giudiziaria in ogni fase della quale è stata riconosciuta la mia totale estraneità ai fatti».